Avete compreso bene: penne stilografiche, perché la scrittura manuale, a differenza della scrittura direttamente al computer, rallenta un poco il flusso dei pensieri, li filtra, li affina, argina le nostre fantasie e ci costringe a riflettere, con maggiore attenzione, sul nostro prodotto.
Mi sembra emblematico, in questa prospettiva, il caso affrontato attraverso la sentenza n. 18702/2010 (http://maurobeghin.postilla.it/2010/09/15/lapplicazione-del-diritto-e-il...), con la quale la nostra Corte ha considerato tout court indeducibili, in sede di determinazione del reddito d’impresa, i compensi pagati da una società di capitali ai propri amministratori. Si trattava di fatti risalenti a prima del 2004, quando l’art. 62 del Tuir imponeva, per le società di persone, la deduzione dei suddetti compensi per cassa e quando l’art. 95 del medesimo Tuir rinviava, quanto alle società di capitali, allo stesso art. 62.
La spiegazione più semplice e diretta è che il giudice non si sia affatto accorto del rinvio e che, trovandosi sprovvisto di copertura normativa, abbia abbracciato la linea argomentativa secondo la quale gli amministratori delle società per azioni si trovano nella stessa posizione dell’imprenditore individuale, per il quale - come tutti sanno - nessun compenso è deducibile.
Un caso lampante di errore umano. Se alla Corte di cassazione esistesse una “scatola nera”, sono convinto che il marchingegno attribuirebbe esclusivamente alla distrazione “del pilota” la causa del sinistro.
Per ragionare sul gigantesco errore compiuto dal magistrato non serve scomodare le scienze sociali, la discrezionalità, le valutazioni che il Fisco può effettuare, i filosofi occidentali, i manuali di diritto tributario, i bizantini o il fatto che si processa troppo. Tanto meno serve far leva sull’accademia che non fa il proprio mestiere, sulla presunta negligenza dell’avvocato difensore o sulle simmetrie fiscali.
Il principio iura novit curia sta lì proprio per evitare che si producano sentenze del genere: se anche l’avvocato difensore non avesse in alcun modo richiamato, negli scritti difensivi, l’art. 95 del Tuir, il giudice avrebbe dovuto egualmente applicarlo, tanto più che la questione della deducibilità dei compensi era stata sollevata proprio ad iniziativa magistrati.
Qualsiasi studente della Facoltà di economia è in grado di capire che i compensi degli amministratori rappresentano la remunerazione di un fattore produttivo e devono, salvo incidenti di percorso legislativi, comprimere l’imponibile. Ma tale deducibilità non dipende dal fatto che qualcun altro è tassato, bensì dal fatto che quella remunerazione brucia ricchezza in testa alla società pagante.
A proposito: nessuno scrive più con la penna stilografica.
Il mio era solo un trampolino di lancio per dire che, di fronte a un incidente di percorso così evidente, non servono i polveroni. È sufficiente mantenere la calma e dire, con pacatezza e nel rispetto di tutti, come stanno le cose. Se il paziente è morto per un’infezione, è l’infezione la causa del decesso e nessuno scriverà nel referto che quella persona “Non aveva letto, in vita, le opere di Nietzsche“.