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Quello che le banche dati non possono raccontare (a proposito di “perle delle Dolomiti” e controlli fiscali)

I recenti “fatti di Cortina”, svoltisi nella memorabile giornata del 30 dicembre 2011, si prestano a una lettura differente e di ulteriore livello rispetto a quella che ci è stata offerta da talune testate giornalistiche, da conduttori e conduttrici televisive, da uomini e donne di spettacolo e finanche da taluni personaggi di spicco del mondo della politica.

Si è parlato di spettacolarizzazione dei controlli tributari da parte dell’Agenzia; di gogne mediatiche per i proprietari dei negozi controllati; di indagini svolte un po’ a casaccio sui guidatori di Rolls-Royce, Maserati, Ferrari e Lamborghini; di dispendioso e oltretutto inutile dispiegamento di forze, perché i dati ottenuti dagli “007 fiscali” si potevano recuperare, senza tanto battage, attraverso l’incrocio di semplici elementi che già fanno parte del patrimonio conoscitivo dell’Agenzia delle entrate.

Stando agli osservatori più acuti, sarebbe bastato spremere un poco gli archivi dei quali la nostra amministrazione dispone, per far luce sul fatto seguente: esistono autovetture intestate a contribuenti i quali dichiarano redditi di modestissima entità e, in ogni caso, non congrui rispetto alla situazione possessoria intercettata, sul campo, dai nostri verificatori. Dichiarazioni indecorose, dunque, rispetto al loro tenore di vita.

Le cose non stanno esattamente in questi termini, perché qualche volta le banche dati sono più silenti delle pietre del deserto e non si possono in alcun modo utilizzare sul fronte degli accertamenti fiscali. Esse non dicono le bugie, ma nemmeno dicono abbastanza per un accertamento.

I lettori che non abitino sul pianeta Marte avranno già capito dove voglio arrivare: mi sto riferendo al fenomeno delle intestazioni societarie di comodo, nelle quali il bene è pagato dalla società (che deduce il costo), ma viene gratuitamente utilizzato dai soci o dagli amministratori, al di fuori del circuito di produzione.

Per far emergere queste fattispecie di abnorme impiego di beni societari è necessario che l’Agenzia delle entrate proceda, di caso in caso, a un controllo di corrispondenza tra la situazione possessoria formale e la situazione di reale utilizzazione del cespite. Non basta l’esame cartolare di un bilancio, di una contabilità o di un pubblico registro ed è necessario operare “strada per strada”, attraverso indagini che, necessariamente, conducano i funzionari del Fisco a contatto con la realtà economica.

È esattamente ciò che è accaduto a Cortina ed è questa, a mio avviso, la chiave di lettura del più strepitoso blitz fiscale del 2011. L’Agenzia delle entrate si è ripresa il controllo di una piccola porzione del territorio e ha portato alla luce situazioni che, diversamente, mai avrebbero potuto emergere. Tuttavia sottolineo, a beneficio del lettore, un punto importante del mio ragionamento: l’evasore non è il conducente dell’autoveicolo, ma la società che, avendo acquistato il bene e avendo sostenuto le spese di mantenimento, ha dedotto tali costi al momento della determinazione della propria base imponibile.

Non si dica, a questo punto, che non tutti i controlli eseguiti nel Comune ampezzano hanno dimostrato l’esistenza di intestazioni societarie di comodo e che il dato di maggior rilievo riguarderebbe pur sempre alcuni conducenti, proprietari del veicolo, i quali avrebbero dichiarato redditi personali assai modesti, inadatti a giustificare, tout court, il tenore di vita rappresentato dalla disponibilità dell’autovettura di lusso.

Osservo però che il tenore di vita di Tizio o di Caio non dipende affatto dall’articolazione e dalla consistenza delle dichiarazioni che Tizio o Caio abbiano presentato al Fisco. Dipende, invece, dalle effettive disponibilità monetarie dei citati soggetti, che possono essere rappresentate anche da redditi esenti o esclusi da imposta; da redditi tassati alla fonte con le ritenute o con imposte sostitutive; da redditi condonati o scudati; da lasciti; da eredità e finanche da somme derivanti da precedenti smobilizzi patrimoniali: mezzi monetari, questi, dei quali, del tutto legittimamente, non v’è traccia nella dichiarazione dei redditi. Nemmeno va trascurata la disponibilità di redditi altrui: la moglie che si dedichi assiduamente alle più impegnative pratiche di shopping non si trasforma in un callido evasore fiscale soltanto per avere utilizzato, per il perfezionamento dei propri acquisti, la carta di credito del marito.

Prima di accendere le polveri e prima di avviare l’ennesima “caccia alle streghe”, i giornalisti, i conduttori e le conduttrici televisive, i comici e finanche i nostri rappresentanti politici prendano atto, una volta per tutte, che la dichiarazione fiscale non può costituire, per le ragioni che qui sopra ho esposto, lo specchio della capacità di spesa del contribuente italiano.
 

22.01.2012
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